ALATRI è NEOLITICA !
ALATRI È NEOLITICA !
Lo afferma con forza e sicurezza il Prof. Gino MAIELLO nel terzo scritto che ci ha fatto pervenire, corredato di altre belle foto del sito di Pelonga, e che noi riportiamo integralmente.
“Oggi abbiamo la certezza: ALATRI è NEOLITICA !
Lo gridiamo a mille venti, che portino lontano la notizia straordinaria di ciò che per lunghi anni è stato trattenuto nei nostri cuori, contro l'ottusità (diceva bene Don Giuseppe CAPONE) di chi, nei convegni sulle mura poligonali, ha sempre affermato che Alatri era stata fondata tra il terzo e il quarto secolo a.C.; contro l'ingenuità di chi nega che queste cose siano mai state dette, quando le nostre biblioteche sono colme di testi che testimoniano il contrario.
Lo abbiamo già detto, anche in molte cronache giornalistiche nazionali, che quando si lasciano parlare solo gli archeologi (danno troppa importanza ai cocci!) si possono prendere enormi cantonate e non mi si venga a dire che PELONGA è una cosa ed Alatri un'altra, perché c'è un nesso molto stretto tra questi due siti archeologici: la presenza delle mura poligonali e la presenza di una necropoli (l'unica che sino ad oggi si conosca e molto vicina alla Città).
A questo proposito bisogna chiarire che, dopo gli anni settanta, con l'apertura della strada Aldo Moro la collina di Monte Capraro (o meglio della “Crocetta”) nel lato che si affaccia verso Alatri, ha visto la nascita di molte abitazioni, per cui sono state sbancate anche alcune strutture archeologiche, tombe comprese. Dal tutto si deduce che la necropoli iniziasse già dal tratto che va dalla “Cava” alla grande curva del Cosciano, facilmente raggiungibile dalla stradina che passava per Portadini.
Viene spontaneo chiedersi come mai questi tumuli di Pelonga siano riusciti a conservarsi per tanti secoli senza scontrarsi con la mano distruttiva dell'uomo. Forse per rispetto dei morti? Potrebbe essere, ma non è escluso che si siano salvati perché le forme sono diverse e molto simili a cumuli di sassi, nascondendo la loro vera funzione.
IL TUMULO APERTO
Di tutti i tumuli di Pelonga solo uno è aperto e ci mostra la sua perfetta tecnica costruttiva. Innanzitutto la sua facciata, rivolta verso sud, è simile a quella delle porte di Alatri. Architrave che poggia su stipiti formati da 3 o 4 pietre per lato molto più grandi di quelle che formano la tipica costruzione (la facciata del tumulo nella foto accanto al titolo).
La camera molto stretta, profonda un paio di metri, è alta un metro e cinquanta. La cosa che colpisce dell'interno è che non c'è segno di umidità, perché, anche durante forti piogge, l'acqua non riesce a passare attraverso le pietre, che sono poggiate l'una sull'altra senza alcun legante o malta. (vedere immagine a lato)
Grazie a domande fatte al proprietario del terreno si è potuto sapere che il tumulo è stato sempre aperto anche a ricordo di quanto affermavano i nonni e, quindi, si deve pensare che ci possa essere stato, in passato, il crollo della struttura anteriore, visto soprattutto il fatto che tutti gli altri tumuli sono chiusi.
Concludendo, vi suggerisco di fare una visita a Pelonga...Vi troverete a fare un emozionante viaggio tra strutture architettoniche sacre della preistoria, sorte in quale periodo? Seimila o quattromila anni prima di Cristo? Fate voi! ”
Gino Maiello
In tre delle foto in calce sono presenti tumuli di forme diverse situati (per caso?) nei pressi del muro poligonale di Pelonga.
Il testo dell'articolo e le foto sono © dell'Autore, che li ha gentilmente concessi a questo Circolo per fini culturali e divulgativi.
RIFLESSIONI
I due precedenti articoli, inviatici dal Prof. Maiello, hanno lasciato il segno, risvegliando la curiosità di molti concittadini, e destando l'interesse di diversi appassionati e studiosi di altre località (alcuni anche dall'estero), circa i misteri che ancora avvolgono le origini della nostra meravigliosa ALATRI. Ne è la prova il fatto accertato che le visite al nostro sito, nelle ultime settimane, sono quasi raddoppiate, con commenti favorevoli e qualche critica.
Alcuni infatti fanno giustamente rilevare che siamo forse buoni conoscitori di francobolli e monete, ma non certamente archeologi o esperti qualificati in reperti antichi, e che impropriamente abbiamo inserito nella sezione “COLLEZIONI” anche la voce “ARCHEOLOGIA”. Su quest'ultimo punto confessiamo di averlo fatto, dopo qualche interrogativo, di proposito. Cercheremo di spiegarlo, come nostra abitudine, in modo semplice, senza aver la presunzione di convincere tutti.
Con il termine archeologia (dal greco ἀρχαιολογία, termine composto che indica “ragionamento”, “trattato” o “studio” - λόγος – sulle “cose antiche”, “il passato” - ἀρχαῖος) vengono indicati gli studi e le ricerche riguardanti le civiltà e le culture del passato. In senso lato, pertanto, tutti i collezionisti possono essere considerati, nel loro piccolo, degli “archeologi”. La loro passione, i loro studi, la loro ricerca e conservazione degli oggetti del passato, più o meno recente, ne fanno dei custodi di parte della cultura. Se ciò è facilmente intuibile nel campo della monetazione (molti musei archeologici posseggono un settore numismatico, molto apprezzato da intenditori e visitatori), occorre essere di ampie vedute e conoscenze per comprendere che esiste anche un'archeologia filatelica, una fumettistica, una cinematografica e così via, sebbene si tratti di materie e culture relativamente “giovani”, avendo meno di 200 anni!
Facciamo qualche esempio. Nel campo del fumetto lo studioso americano Robert L. Beerbohm, dopo molti studi e ricerche, che lo hanno condotto sulle tracce dei pionieri andati nel 1849 in California per la famosa “corsa all'oro”, ha scoperto un “comic book” stampato negli Stati Uniti nel 1842, quindi ben 53 anni prima del personaggio (Yellow Kid) considerato sino al 1999 il primo apparso al mondo. Tale scoperta, che ha rivoluzionato la storia della nona arte, non può essere ritenuta “archeologica”? Negli articoli, dedicati ad alcuni francobolli della seconda guerra mondiale, il lettore può constatare come nuove scoperte sono all'ordine del giorno, cambiando in parte quanto ritenuto vero per lungo tempo.
Speriamo di essere stati convincenti, ma non lo pretendiamo, anche perché una dote (o un difetto, fate voi!) di molti collezionisti è il “dubbio”. Devo continuare la collezione? Devo cercare il pezzo mancante? Questo pezzo raro è vero o falso? Come potrei sistemare al meglio il materiale che ho? Sono solo alcuni degli interrogativi che periodicamente ci assalgono, ma che rendono piacevoli il vivere, il dialogare, lo stare con gli amici che condividono le nostre passioni.