Twin Peaks, una panoramica sulla serie cult che rivoluzionò la televisione, in attesa della terza stagione.

Twin Peaks, una panoramica sulla serie cult che rivoluzionò la televisione, in attesa della terza stagione.

Twin Peaks, una panoramica sulla serie cult che rivoluzionò la televisione, in attesa della terza stagione.

 

Twin Peaks è diversa, lontana dal resto del mondo, ed è proprio per questo che ci piace. Ma c’è anche il rovescio della medaglia, come in tutte le cose. Forse è il prezzo che paghiamo per vivere qui. C’è una specie di malattia nell’aria. Qualcosa di molto, molto strano fra questi vecchi boschi. Puoi chiamarla come vuoi, una maledizione, una presenza, assume forme diverse, ma è stata tenuta lontano da qui da tempo immemorabile e noi siamo sempre pronti a combatterla. Come i nostri padri. E non finirà con noi. Poi toccherà ai nostri figli”.

 

 

Il 9 gennaio 1991 veniva trasmessa per la prima volta in Italia la serie televisiva I Segreti di Twin Peaks.

Ideata dal regista David Lynch e dallo sceneggiatore Mark Frost, inaugurava un nuovo modo di fare televisione che avrebbe rivoluzionato in breve tempo lo stile delle fiction a venire, mettendo in campo una storia complessa che si sviluppava di episodio in episodio con un crescendo di suspense, tempi dilatati, regia, montaggio, fotografia e musiche di stampo cinematografico.

Il pilot si apre sulle note di una musica evocativa (composta dal maestro Angelo Badalamenti) che sottolinea lo scorrere di frammenti di vedute naturali di un’immaginaria cittadina situata nello Stato di Washington e confinante con il Canada. Da lì a pochi minuti, il taglialegna Pete Martell rinverrà nei pressi di una spiaggia il cadavere di una giovane donna, Laura Palmer, e il primo piano di quel volto livido con le labbra esangui, la fronte e i capelli sporchi di detriti, che fa capolino da un telo di plastica entrerà prepotentemente e in modo indelebile nelle case di milioni di telespettatori, dando origine a un vero e proprio tormentone: “Chi ha ucciso Laura Palmer?”.

E’ chiaro sin dal titolo che la vera protagonista della vicenda è la cittadina stessa, dal cui nome Twin Peaks (quei “Picchi Gemelli” che vedremo solo nel cartello di benvenuto) è già implicito quel concetto di dualismo caro alla filmografia di Lynch. A un primo sguardo Twin Peaks  appare come una zona di frontiera, un luogo di passaggio in cui il tempo sembra essersi fermato agli anni ’50. Pensiamo alla stazione di servizio di Big Ed o alla tavola calda Double R che ricorda un po’ l’Arnold’s della sitcom Happy Days (1974-1984). Una cittadina apparentemente tranquilla, immersa nei boschi, con un “buon profumo nell’aria..., un paradiso incontaminato dove fanno dell’ottimo caffè e delle mitiche torte alla ciliegia”, sottolinea  l’agente speciale dell’FBI, Dale Cooper, inviato sul posto per indagare sull’assassinio di Laura Palmer. In realtà scoprirà, ben presto, che in quella piccola realtà di provincia tutti hanno qualcosa da nascondere, tutti conducono una doppia vita, compresa la giovane vittima. Dietro a quel “decoro, onore e dignità” che Cooper credeva di aver visto, si celano tradimenti, abusi, omicidi e rancori ad opera di una carrellata di personaggi ambigui, curiosi, bizzarri. 

La parte più buia di Twin Peaks, però, non risiede nei meandri della psiche umana ma vive all’esterno. C’è qualcosa nel vento che scuote le fronde degli abeti di Douglas, in quella possente cascata che pare precipitare nel vuoto, sul cui bordo è adagiato il Great Northen hotel. Qualcosa di malvagio si nasconde nei boschi, afferma lo sceriffo Truman. Entità invisibili che operano ad insaputa degli uomini sfruttandone i momenti di debolezza e nutrendosi delle loro paure. Una di queste presenze farà la sua improvvisa comparsa nell’ultima sequenza del primo episodio. In una visione di Sarah Palmer, accucciato ai piedi del letto della stanza della figlia, un uomo dai capelli lunghi grigi e l’espressione ghignante. Un’apparizione di pochi minuti che darà vita a uno dei personaggi più inquietanti della storia delle serie televisive: il malvagio Bob.

Alzi la mano chi, vedendo quel volto sadico con quei movimenti animaleschi farsi sempre più vicino allo schermo, non è mai sobbalzato dal divano, guardandosi poi attorno per assicurarsi che non si fosse nascosto in un angolo della proprio salotto.

Pensare che la nascita di questo personaggio si deve ad un episodio del tutto casuale, quando l’allora assistente alla scenografia, Frank Silva, intento a spostare dei mobili, compare per sbaglio in una scena del pilot, riflesso in uno specchio.

Grazie a questo imprevisto e all’idea di Lynch di inserire Silva (senza cambiare nulla, neanche i vestiti che indossava quel giorno) a pieno titolo nella serie, entra in scena un elemento allora poco esplorato nel piccolo schermo, quello del sovrannaturale, irrompendo così all’improvviso in una vicenda che fino a poco tempo prima sembrava una detective story. Lo spettatore, spiazzato, è portato a chiedersi se tutto ciò che sta vedendo sia la realtà, un sogno o  un’allucinazione, mentre davanti ai suoi occhi scorrono scene inquietanti che entreranno nella memoria collettiva.

Twin Peaks apre in questo modo la strada al paranormale, anticipando lo stile narrativo di serie televisive come X-Files (1993-2002, 2016), di cui, caso vuole, sarà protagonista quel David Duchovny che in alcuni episodi di Twin Peaks compare nel ruolo dell’agente trans Denise Bryson, e Lost (2004-2010).

E’ chiaro sin dai primi episodi di trovarsi davanti a un prodotto del tutto innovativo, di difficile connotazione, che vede la combinazione di vari generi, drama, thriller, soap, humor, horror psicologico. Un connubio che crea straniamento e interesse in un pubblico abituato, sino ad allora, per lo più a serie tv con puntate autoconclusive e non ad un unico filo conduttore che mantiene alta la tensione di puntata in puntata.

La seconda stagione si dipana in modo eccellente fino alla scioccante scoperta dell’assassino di Laura Palmer, al settimo episodio, che culmina, in quello successivo, con l’omicidio della cugina, Maddy. Un momento agghiacciante, di una brutalità inconsueta per il piccolo schermo, in cui si toccano livelli di puro delirio da far gridare quasi al capolavoro.

La rivelazione precoce, però, voluta dalla ABC andando contro gli ideatori che desideravano mantenere il mistero sino alla fine della stagione, purtroppo si rivelerà essere una delle peggiori decisioni nella storia delle serie televisive.

Risolto il caso, il pubblico si aspetta di vedere approfonditi quegli elementi paranormali che hanno caratterizzato la narrazione, aspettandosi una maggiore presenza di scene della Loggia Nera (un luogo di confine tra la vita e la morte), mentre si chiede che fine abbia fatto Bob dopo aver abbandonato il corpo di Leland Palmer. Assiste invece, impotente, alla trasformazione incomprensibile di una serie che per un anno l’ha tenuto incollato sulla sedia, in una soap drama demenziale con incursioni thriller a tratti grottesche, che si ritrova a perdere stile, mordente, tensione e ascolti. Se la presenza di momenti comici, pensiamo alla relazione sentimentale tra il goffo agente di polizia e la segretaria del dipartimento dello sceriffo o alle apparizioni del collega sordo di Cooper (interpretato dallo stesso Lynch), servivano a stemperare i momenti di tensione, e la caratterizzazione dei  vari personaggi a confondere le idee su chi potesse essere l’assassino, una volta guariti dall’ossessione di “Chi ha ucciso Laura Palmer?”, ai cittadini di Twin Peaks sembra rimasto ben poco da fare, personaggi in cerca d’autore in una sceneggiatura quasi improvvisata.

Persino Dale Cooper pare aver perso il proprio carisma, tolti i panni gessati dell’agente speciale, indossa abiti del luogo, confondendosi quasi col resto degli abitanti. Dov’è finito il pollice all’insù e il sorriso smagliante dell’agente speciale dell’FBI? Per ridargli un po’ di linfa vitale (e recuperare anche quella parte di pubblico perso per strada), gli sceneggiatori gli riserbano un nuovo amore, la cameriera Annie, e un nemico da combattere, un collega, ex agente, Windom Earle, ossessionato dall’idea di trovare la Loggia Nera e che coinvolgerà Cooper in una partita a scacchi nella quale una mossa sbagliata corrisponde a un cadere. 

Tutto ciò, però, non impedisce alla serie di essere cancellata.

Inspiegabilmente per quasi tutte le puntate rimanenti (ben 14) vengono a perdere di spessore quegli elementi che avevano contraddistinto questa serie e decretato il successo, prevalgono, invece, gli intrighi di potere e gli amori tormentati di personaggi secondari, dei quali, tolto il dubbio “potrebbe aver ucciso Laura Palmer”, ci accorgiamo di non essere più cosi tanto interessati.  

Pensiamo alla regressione adolescenziale di Nadine, dopo aver tentato il suicidio ingerendo delle pillole, e al triangolo amoroso tra Lucy (in attesa di scoprire chi sia il padre del futuro bambino), Andy e Dick.

A risollevare le sorti, riportando davanti allo schermo più di dieci milioni di spettatori, saranno le due ultime puntate che vedono la firma di Lynch e Frost e il ritorno della parte più intrigante della serie, la Loggia Nera. Qui, nell’ultimo episodio, seguiamo l’agente Cooper muoversi tra le tende rosse della sala d’attesa, dove incontrerà, tra gli altri, le versioni malvagie di Laura, del nano che parla al contrario, di Leland e il suo stesso doppelganger, fino ad imbattersi in Bob. Questi, dopo aver preso l’anima di Windom Earle, riuscirà ad impossessarsi anche dell’agente Cooper, in un finale che entrerà nella storia della televisione.        

Il giorno dopo, Dale, risvegliatosi nella sua stanza d’albergo, si dirige in bagno per lavarsi i denti. Si guarda allo specchio nel quale si riflette l’immagine di Bob e sbatte la testa rompendo il vetro, mentre ripete con un ghigno: “Come sta Annie?”. E’ questa l’ultima scena di Twin Peaks che vede l’agente Cooper posseduto da Bob. La serie si chiude abbandonandoci nell’incertezza sulla sua sorte, in un finale aperto che faceva sperare in una risoluzione a breve termine.

“Ci rivedremo tra 25 anni” annunciava Laura Palmer a Dale Cooper. Una frase che sembrava più ad effetto ma che col passare del tempo è diventata mano a mano sempre più concreta.

Nel frattempo, pochi anni dopo la fine della seconda stagione, Twin Peaks perde la sua entità più malvagia o meglio colui che ne vestiva i panni, Frank Silva che muore per AIDS nel 1995, e ai 25 si dovrà aggiungere un anno in più. Perché se nella sala d’attesa le entità se ne stanno sedute su divani in pelle e danzano a ritmo di jazz, nel quotidiano gli ideatori devono vedersela con svariati problemi di pre e post produzione.

Una cosa però è certa, riportare attori e personaggi sullo schermo a distanza di un quarto di secolo è una promessa che solo quel genio visionario di David Lynch poteva mantenere e tra pochi giorni l’attesa sarà finita.

 

                                                                                                                                                       Testo ©  Michela Marocco

 

 

 

TWIN PEAKS è una serie Tv statinitense del 1990-91 scritta da Mark Frost e David Lynch. © Lynch/Frost Productions – Distribuzione rete televisiva ABC (U.S.A.).

Le immagini vengono utilizzate solo a fini culturali ed istruttivi.